LA RICOSTRUZIONE DOPO LA GUERRA

La guerra era finita, con i suoi lutti, le sue divisioni, le amarezze, ma non ci si poteva fermare: bisognava ripartire. Tutto il Friuli, con tenacia e sacrificio, incominciò a darsi da fare per ripartire, per dare dei contenuti di sviluppo economico e sociale alla conquista di libertà e democrazia. Chi aveva militato nella Resistenza consegnò le armi e si rimise nella vita civile, al lavoro, nello studio, in una professione.

Ma quale poteva essere la scelta di un prete che aveva vissuto intensamente la Guerra di Liberazione? Difficile tornare all’immagine del buon parroco di campagna dopo le esperienze vissute. Difficile anche rimanere in Seminario come educatore, quando fuori c’era tanto da fare. Don Emilio fece quindi la sua scelta di ripartenza.

Don Emilio fa il suo ingresso a San Domenico

A San Domenico

All’estrema periferia di Udine, nel villaggio San Domenico, erano ammassati gli sfollati dello scoppio della polveriera di Sant’Osvaldo, avvenuto durante il primo conflitto mondiale. La situazione sociale del quartiere era alquanto problematica. Là don Emilio chiese di andare a compiere la sua missione pastorale di sacerdote, dove nessuno di sua volontà sarebbe andato.

Don Emilio comprese il dramma che deriva dalla mancanza di lavoro: a San Domenico, come in tutto il Friuli, la situazione era drammatica e molti ripresero la via dell’emigrazione, perchè non trovavano di che vivere. Per lavorare però non è sufficiente una manodopera generica: bisogna avere un mestiere. Per questo don Emilio pensò ad una scuola professionale che offrisse maggiori opportunità.

Don Emilio fa il suo ingresso a San Domenico

Don Emilio: un uomo della Provvidenza

Per i mali del villaggio San Domenico non c’era solo la scuola come rimedio. Ogni giorno vi erano problemi cui don Emilio veniva chiamato a provvedere, facendo come da “mediatore” con la Provvidenza divina. Il suo ottimismo fu a volte interpretato come incoscienza, ma non era così: preghiera e fiducia illimitata nella Provvidenza sono stati il suo sostegno.

Egli diviene così l’intermediario di quotidiani miracoli a favore dei suoi parrocchiani. Le idee, la fantasia non gli mancano, a partire dall’avviare una vasta ricostruzione delle case per dare dignità al vivere delle famiglie e lavoro ai disoccupati.

La scuola d’arti e mestieri

Finalmente il sogno di don Emilio si avvera. Con l’aiuto della Provvidenza e dei suoi parrocchiani operai riuscì a costruire la sua scuola, ove attivò dei corsi professionali maschili e femminili, per la preparazione ai mestieri più richiesti al momento. Molto aiuto gli arrivò dal volontariato, da una mobilitazione che gli permise di allargare la frequenza a una buona parte dei giovani di Udine e dintorni, che non erano in grado di iscriversi alla scuola normale, o non potevano farlo per le difficili condizioni familiari. Se qualcuno arrivava da più lontano, don Emilio lo ospitava in una specie di piccolo convitto e da qui nacque un’altra idea, che da allora resterà sempre nella sua azione di persona caritatevole e illuminata dalla grazia di Dio.