DON EMILIO E LA OSOPPO

Don Emilio trovò naturale il suo impegno nella Brigata Osoppo: la situazione tragica lo valorizzò come punto di riferimento e crocevia delle vicende più spinose. Tanti altri si sacrificarono e molti pagarono con la vita o con il campo di concentramento il loro impegno, ma don Emilio trovò il modo di vivere con intensità e originalità nella fede
ogni circostanza data, senza mai tirarsi indietro, prendendo iniziative spesso imprevedibili.

Don Emilio fu sempre fedelmente legato alla storia e agli amici che ebbe a incontrare in quel tragico periodo: una storia che lo ha accompagnato fino ai suoi ultimi giorni.

Don Emilio celebra la messa in ricordo dei patrioti della Brigata Osoppo al Bosco Romagno

L’Osoppo Friuli: una storia di libertà

Nella feroce lotta al Confine Orientale, la Brigata Osoppo cercò di mantenere il conflitto entro argini che non coinvolgessero la popolazione civile in tragiche rappresaglie: anzitutto, si dotò di un’organizzazione il più possibile simile a quella militare, proprio per ottenere un’indispensabile disciplina tra i suoi uomini. Inoltre, indirizzò l’attività verso il sistematico sabotaggio delle infrastrutture e dei servizi indispensabili ai tedeschi per condurre l’attività bellica, limitandone così fortemente l’azione.

Altra scelta decisiva fu quella di respingere le pressanti richieste della resistenza jugoslava in merito ai futuri assetti, una volta terminato il conflitto, rinviando tali decisioni ai futuri accordi di pace, evitando di creare situazioni di fatto che avrebbero forzato e violato la libertà delle popolazioni. Tale presa di posizione della Osoppo ebbe di fatto anche la conseguenza di provocare l’eccidio delle malghe di Porzus.

Don Emilio celebra la messa in ricordo dei patrioti della Brigata Osoppo al Bosco Romagno

Don Emilio, un uomo della Provvidenza: uomo della Carità, uomo della Libertà

Don Emilio entrò da subito nella dinamica imboccata dalla Chiesa friulana: nei giorni successivi all’8 settembre 1943 aiutò i coetanei di Buja, rientrati dai vari fronti di guerra, a trovare una via di scampo verso i monti. Nelle settimane successive entrò appieno nella struttura osovana, non come comandante militare, ma sempre al centro della trama dei rapporti e delle situazioni più difficili. Fu lui a gestire una serie di situazioni delicate e complesse, aiutato anche dalla conoscenza del tedesco. Prese il nome di battaglia di Adolfo. Pur avendo solo 25 anni don Emilio si distinse perchè unì il fervore del giovane ispirato a principi di libertà ai valori religiosi che per lui erano imprescindibili.

Aiutò decine di persone ad evitare il carcere, a sfuggire a persecuzioni o morte certa. Quando ne ebbe l’occasione, aiutò anche ‘nemici’ feriti: per lui, di fronte all’essere umano sofferente, “non c’era distinzione di campo che potesse fare qualche differenza”. Trovò modo di entrare in confidenza con Hans Kitzmuller, un austriaco sposato ad una nobile friulana, che aveva il delicato compito di traduttore al comando tedesco di Udine. L’amicizia e il rapporto di fiducia s’instaurò fra i due nella drammatica estate del 1944. L’azione di don Emilio si dispiegò a ogni livello, in ogni angolo del Friuli.