La carità vissuta ha una forza di attrazione profonda: la figura di don Emilio suscitava la positiva curiosità evangelica dell’”andare a vedere”, con la constatazione che “ai poveri viene predicata la buona novella”. La Casa dell’Immacolata richiamava moltissime persone, poichè dall’esterno appariva come qualcosa in cui si manifestavano i segni dell’azione divina: l’invito era “venite e vedrete” e in molti hanno visto non la casa dei delinquenti, ma quella in cui Gesù si proponeva concretamente all’interno di una compagnia umana.
Interlocutori privilegiati di don Emilio furono sempre gli ultimi, il popolo, espressione di una genuina umanità, con tutti i difetti possibili, ma sempre immagine di un Dio che lo chiamava a dare speranza con la parola, ma ancor più con l’esempio. Il prete degli ultimi visse in sè la forza dei santi e ne assunse il volto.
L’esperienza forse più alta della carità cristiana e della solidarietà umana contemporanea a don Emilio fu quella di Madre Teresa di Calcutta, che si era posta al servizio degli ultimi fra gli ultimi, i reietti delle metropoli indiane.
Di passaggio in Italia, la suora arrivò alla Casa dell’Immacolata e fra lei e don Emilio si stabilì da subito un’intesa
evangelica, in particolare su uno degli aspetti più importanti della vocazione delle persone che si sono date a Dio: servire i fratelli più infelici e poveri. Due anime generose, che si sono sentite vicine e hanno riconosciuto di condividere la medesima esperienza evangelica.